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sabato 16 luglio 2016

Se 'un ènno matti, 'un ci si vogliano! (Collana: "Re" matto) - 1° racconto

Sono arrivato a casa dopo la solita giornata dura e con i soliti quasi duecento chilometri giornalieri sul groppone. Ho appena il tempo di parcheggiare la macchina, scendere e scaricare le mie tre valigette: quella degli attrezzi, un'altra dove tengo i documenti indispensabili e, l'ultima, che uso per la maggiore, dove c'è tutto il materiale dimostrativo che mi è necessario per esercitare la mia umile attività. Scendo dall'auto, sbatto per tre volte lo sportello di guida che non vuole mai chiudersi perché l'auto ha quasi vent'anni e non vede un carrozziere da oltre dieci, di anni. Inserisco la chiave nella serratura dello sportello per chiuderla. Non uso il pulsante centralizzato automatico posto sulla chiave perché da almeno cinque anni non funziona più. Con quello che costa una nuova chiave posso farci la spesa familiare per almeno due settimane. Perciò me ne guardo bene di sostituire la chiave stessa. Faccio per girare il medesimo utensile nel senso che mi permetterebbe di chiudere lo sportello dell'auto ma mi fermo. Tolgo la chiave e me ne vado lasciando la mia carretta a quattro ruote aperta e dicendo a voce alta, a me stesso, perché intorno non c'è nessuno: "Chi vòi che te la porti via! Vecchia 'om'è! Tutt'ar più, aperta, ci sta che domattina tu ci trovi drento, appoggiati 'n sur sedile, cinquanta euri per tenettela, la tu' macchina! Cotesta 'ostì, tutta 'òcci e bùi, 'un te la rubberebbeno nemmeno a pagalli, e' ladri!"

Per la prima volta in vita mia lascio la macchina aperta, arrivo alla porta di casa, infilo la chiave nella toppa girandola dalla parte opposta a quella che abitualmente giro per poter entrare. La porta non si apre. Riprovo girando la chiave sempre alla maniera di prima. La porta continua a non aprirsi. Suono il campanello e dopo poco la porta si apre. Semplicemente perché in casa c'è qualcuno che mi sta aprendo. Ma in testa mi frulla un mulinello che mi ripete all'infinito che la porta s'è aperta lo stesso senza che avessi usato la chiave. Per entrare in casa mia posso non usare la chiave. Cioè posso suonare il campanello. Se la porta si apre significa che c'è in casa qualcuno della mia famiglia che può aprirmi. Se la porta non si apre ho ancora due possibilità: una è quella di aspettare che arrivi qualcuno, l'altra , quella più scomoda, è di passare dalla finestra. In entrambi i casi posso entrare in casa senza usare la chiave. Eppure, alla stessa maniera, entro sempre in casa di un amico o di un conoscente, usando solo il campanello. Certo, in questo caso, se entrassi dalla finestra passerei per essere scambiato per un ladro. In casa mia posso entrare dalla finestra senza essere scambiato per un ladro ma, in casa di qualcun altro, l'entrare dalla finestra implica subito l'associazione all'essere un malintenzionato. Perché? Un amico o un vicino di casa non potrebbe essere contento di vedermi entrare in casa propria dalla finestra, come un gatto?

Con tutte queste po' po' di seghe mentali cerco solo di focalizzare che molte cose che usiamo e che ci battiamo per usarle, preservarle e conservarle, effettivamente non ci servono. Dal momento che personalmente posso lasciare l'auto aperta senza rischiare che me la rubino e posso entrare in qualsiasi casa, mia o di qualcun altro, senza disporre delle chiavi. Mi si è illuminato il pensiero. Cioè ho visto un'altra possibilità di fare e vivere le cose. Ho guardato da un'angolazione diversa. Mi sono detto: "O a che mi sèrveno tutti l'ammendìoli di 'uesto mondo e' qui? O che mi ci voglian tutti per davvero? No! Macché! Per davvero, 'un ci vòle nemmeno 'r vino per fa' l'aceto!"

"Così è (se vi pare)" fu il titolo che dedicò a una sua commedia, lo scrittore a me caro, Luigi Pirandello. Tutto è relativismo ontologico. "Si fa quer che si pòle e si fa quer che voglian quell'antri", dico io, nel mio idioma pisano. Soprattutto facciamo quello che vogliono gli altri. Chi sono questi "altri"? Sono tutti coloro che riescono a manovrare i fili dall'alto senza farsi vedere. Nessun burattino Pinocchio potrà uscire fuori dal suo circo senza essere manovrato. A meno che Pinocchio non diventi un bimbo vero. Allora potrà crescere, pensare, agire, costruire e, anche lui, da adulto potrà manovrare i suoi burattini. Tutto ciò è razionale e, quindi, normale.
Non si è mai sentito dire da nessuno, a parte che dal nostro buon toscano Carlo Lorenzini, in arte "Collodi", che un pezzo di legno, una volta divenuto burattino per mano di Geppetto, abbia la facoltà di scegliere di non andare scuola, di trasgredire ogni ordine, di credere che i soldi possano essere seminati nel campo dei miracoli e possano crescere e moltiplicarsi semplicemente innaffiandoli. Ma si sente definire spesso, riferendoci a qualcuno fuori dalla normalità, che quella tal persona è pazza. Spesso anche solo perché fa qualcosa di diverso dalla massa. Perché non ha regole di vita ed è fuori dalla normalità generale. Quindi, un individuo con un comportamento non "normale" genera un effetto che fa perdere il riferimento a chi si trova, per sua scelta o, senza rendersene apparentemente conto, nello standard comune dell'essere sano di mente. Mentre colui, non normale,  che ha generato tale insofferenza in tutti coloro che sono nella "norma", non si sente assolutamente anormale. Anzi, si sente un leone, il "Re" della situazione! Si chiede pure, dopo aver interpretato a suo modo molte cose, che cosa ci fa, lui stesso, da solo, fra una stragrande quantità di pazzi!
Quest'ultimo è il punto che innesca l'isolamento del nostro "Re Stesso" che  non desidera più  stare in simbiosi con la società esterna costituita solo da esseri razionali.

A volte però accade, che per una serie di circostanze fortuite (qualcuno di nome Jung,  che ci si trovò per primo a pensarle e a analizzarle, definì non casuali ma "acasuali"), ti inizino a  frullare in testa stringhe lunghissime di pensieri che, senza capire come, fanno innescare qualche scarica neuronale che riesce, in un lampo, a illuminare ogni viottolo oscurato dalle tenebre del non riuscire a vedere ciò che invece è ben evidente ai nostri occhi. A questo punto inizia la convivenza dell'illuminato (il non normale) con la massa dei razionali. Cioè con quelli che si spiegano ogni cosa, che sanno tutto quello che accadrà domani, che programmano tutte le loro cose già per il prossimo anno e sanno pure in quale ospizio passeranno la loro vecchiaia e con quali dei loro soldi si pagheranno l'ultimo viaggio di non ritorno. In particolar modo chi, razionalmente, si dichiara ateo o agnostico. Coloro che si meraviglieranno, che si indigneranno, che non crederanno, pur vedendo con i loro occhi le immagini che scorrono nel loro "bussolo" tecnologico, ben piazzato su un finto altare, in sala da pranzo o in soggiorno. Vedranno e non crederanno finché non saranno loro stessi i protagonisti di quello scempio. E allora qualcuno di loro, forse, se gli sarà possibile, se potrà averne il tempo, si ricorderà che in un passo della Bibbia c'è scritto di non dare perle ai porci, al posto delle ghiande. Perché i porci, non sentendole commestibili per loro stessi, potrebbero rivoltarsi e sbranare chi ha dato loro quel cibo prezioso che non è adatto a riempire la pancia di chi non è in grado di riconoscerne il valore.



O che vi posso di'! O che vi poss' arraccontà! Chi volete che lo stia a sentì 'n matto! E quando 'r matto si rimescola 'on quelli che 'un paian matti ma ènno più matti di lui lì, è vicina la fine der mondo! Perché ònni matto sano piglia 'r mondo 'ome viene, monta 'n sur carcionculo e 'ncomincia a girà contento. Tanto, chi volete che lo stia a sentì un matto? 'N matto pòle pregà 'r su' Credo perché è matto e se 'un è matto der tutto lo fa perché è rimasto ner Medioevo! 'N matto pòle di' tutto 'uello 'he pensa: tanto è matto! 'N matto pòle sta' sempre zitto senza di' nulla a nissuni: è matto! 'N matto pòle anco scrive' quarsiasi 'osa bòna o cattiva senza fa' danno a nimo: tanto è matto!
Tutto pòle fa' 'r matto, 'n der mentre e' sani, quelli normali, quelli difesi da tutti e' più matti di 'uelli ch'ènno matti 'n po' po' o tanto, possano stiaccià cento persone cor un camio! Fanne morì tanta, di gente, per avé sbagliato a fa' corre' du' treni 'n sur solito binario! Possano sparà all'omeni, alle donne e a bimbetti 'ome se fusseno filunghelli! Pròpio 'n der mentre, 'ui, si vòle fa' chiude' la 'accia, si difende 'r cane e 'r gatto e  'un si mangia più la ciccia perché e' vegani ci voglian fa' doventà beschie da erba e da rape...

O gente! Ma se 'un ènno matti, è pròpio vero! 'Un ci si vogliano!

E l'angiolino è lì che piange. Perché anco a lu', 'un ci 'rede più nissuni. A parte 'uarche "Re", matto!


TC


mercoledì 13 luglio 2016

Eppure... son nato mezzadro.



Mi sento 'n leone! Utimamente, doppo cinquanta'uattranni, hó capito 'ome funziona 'r mondo! E' gira da sé! Un gran carcionculo(*1) che gira sempre 'n su sé stesso! Evvaiii!!! Son fruido 'ome l'acqua che vien giù dar vallino(*2). Brutto di fòri ma bello di drento!

(*1): giostra del lunapark

(*2): torrente di montagna


Nato mezzadro, ho combattuto per anni cercando la possibilità di migliorare la mia posizione economica e sociale. Ogni volta che ho quasi raggiunto un traguardo per me e per la mia famiglia, la meta si è  sempre allontanata repentinamente. Dopo l'ultimo intervento chirurgico di quasi un anno fa mi sono arreso.  Vivo alla giornata, non faccio programmi, seguendo ogni giorno l'andamento del fiume che scorre.  Come è accaduto stamani, non mi meraviglio più. Sono partito per fare una cosa e, invece, ne ho dovuto fare molte altre, a eccezione di quella che avrei voluto fare. Quando quasi a mezzogiorno stavo per fare quella cosa e l'avrei fatta veramente, ho bucato una gomma dell'auto... E anche stamani l'appuntamento è saltato. Incredibile: dalle 8,30 alle 13,00 non c'è stata alcuna possibilità! Ma non mi ci arrabbio più. Se un giorno potrò, scriverò e racconterò questi buffi eventi. Tutto sommato, nella loro, talvolta piccola o talvolta grande, tragicità, sono anche divertenti. Se a questo punto emergerò significherà che era necessario arrivare al punto di apprendere tutto questo. Sennò vuol dire che devo rimanere così. Con le scarpe e i vestiti di seconda o terza mano, l'auto scassata, tanti debiti diluiti nel tempo, gli indurimenti muscolari delle mie zone dell'addome tagliate dal bisturi e ricucite, insieme a  tutti gli eventi accaduti: incomprensibili alla mia piccola mente. L'esito finale locale risulta essere sempre una mezza soluzione. Come la "mezzadria".  Non si è né padroni e né servi, né sani e né malati, né pesce e né carne: solo una via di mezzo con poco senso e poca sostanza ma dentro un immenso contenitore dove tutte le cose di questo mondo terreno diventano infinitesime di fronte alla grandezza dell'umiltà e del sentimento umano, quello vero, quello sincero che non chiede niente in cambio. Oggi sono felice e lo sarò anche domani, dopodomani e, credo, sempre. Mi ci sono voluti quasi cinquantaquattro anni per capirlo... Meglio tardi che mai! Eppure, non per niente, son nato mezzadro. Ma gli eventi si comprendono con fatica e solo dopo averli vissuti per lungo tempo. Solo così il nocciolo della questione, penetrando a fondo nella carne lacerata, attraverso il dolore, riesce ad avviare quel processo che purifica la nostra breve esistenza terrena. Il punto di arrivo, come sosteneva il grande Pirandello, è quello di girare verso la chiusura la chiave della ragione e aprire quella della pazzia sottile. Quella pazzia che ci aiuta a separarci dal calcolo razionale e dall'esigenza di programmare il nostro futuro, avvicinandoci alla libertà di vivere veramente e di essere felici. Quel tenue filo di sana spensieratezza che non ci fa essere ereditieri del grande "tritatutto".


TC